ENNA. È approdato a Siracusa nel gennaio del 2014, a bordo di un barcone proveniente dalla Libia. E ha vissuto per mesi in uno dei centri di accoglienza dell'Isola, a Piazza Armerina, in provincia di Enna. Ma Muhammad Bilal, pakistano di 25 anni, arrestato all'alba di ieri a Mantova dagli agenti della Digos di Enna per istigazione a delinquere aggravata dalla finalità terroristica e dall'utilizzo di internet, non era affatto uno dei tanti disperati in cerca di rifugio dalle guerre.
Aveva un addestramento militare e una caratura, secondo gli investigatori, da leader fondamentalista, capacissimo di scrivere su Facebook commenti come: «Cerca di interessarti al martirio... la Jihad andrà avanti fino alla fine». Per questo i poliziotti si sono spostati a Mantova per catturarlo, nell'ambito di un'indagine coordinata dalla Procura distrettuale di Caltanissetta, illustrata ieri mattina dal procuratore facente funzioni Lia Sava e dal questore di Enna Ferdinando Guarino.
L'aggravante dell'utilizzo del web, hanno precisato gli inquirenti, è contestata per la seconda volta in Italia, ai sensi di una legge approvata proprio a febbraio di quest'anno. Per trovare riscontri, gli agenti - che sono partiti dai sospetti per quel suo atteggiamento «insofferente» nei confronti della polizia italiana, avuto nel corso di alcuni disordini avvenuti nella Città dei Mosaici, il 14 ottobre 2014 - hanno dovuto intercettare 70 mila telefonate, monitorare 30 siti web, 500 ore di navigazione su profili di Facebook, 150 numeri telefonici, 10 mila pagine di tabulati e ascoltare ben 3 mila ore di telefonate, perlopiù in lingua Hutu, per cui è servita la presenza di esperti traduttori. I
l tutto, in collaborazione con i compartimenti di Polizia postale e le relative sezioni, in particolare Palermo e la Polpost di Enna.
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