Il muro di cemento, costruito nell’ambito dell’opera di riqualificazione del Castello di Lombardia, ad Enna, è stato abbattuto. La ruspa è entrata in azione nel pomeriggio e ha demolito la costruzione realizzata solo qualche settimana fa. La decisione è stata presa dalla Soprintendenza di Enna, che aveva manifestato il proprio disappunto per la costruzione di quel muro a ridosso del bene monumentale.
Contro l’elevazione del muro si erano schierate numerose associazioni, gli archeologi e i cittadini. E proprio SiciliaAntica di Enna aveva denunciato che tra gli interventi previsti ci sarebbe stata anche la costruzione di una torre, sempre in cemento, per collegare l’esterno con un cortile del Castello, da trasformare in teatro all’aperto. «La creazione di muri che impattano - aveva segnalato Sandro Amata, archeologo e presidente di SiciliaAntica di Enna - con il prospetto del monumento, che è un tutt’uno con il basamento di roccia sul quale sorge, l’immissione di migliaia di metri cubi di calcestruzzo e infine la rifinitura, con tanto di marmo bianco di Custonaci, oltre a rappresentare una pesante intromissione di materiali estranei alla natura dei luoghi, cambierà l’aspetto di tutta l’area, compromettendola per sempre».
Dopo quella dichiarazione, è intervenuta la Soprintendenza. Il sovrintendente Angelo Di Franco ha inviato una nota al Comune, intimando di abbattere il muro. La vicenda ha spaccato la città, creando uno scontro politico. Da una parte l’opposizione, con il Pd in testa, che ha sollevato critiche sui lavori, chiamando in causa il Comune e a cascata l’amministrazione del sindaco Dipietro, dall’altra le forze politiche più vicine al sindaco come FdI e Mpa, che a loro volta hanno accusato il Partito democratico di strumentalizzazione politica, in vista delle elezioni del prossimo anno.
«L’epilogo della vicenda del muro di calcestruzzo - dice Amata - al di là dello scontro di idee, ci lascia soddisfatti. La sensibilità e la professionalità dimostrata dalla Soprintendenza ha fatto si che la nostra denuncia non finisse nel vuoto e soprattutto dimostra che era giustificata da motivi di tutela e decoro del monumento».
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